PROPOSTE DI RIFLESSIONE

 

 

 

“E’ solo entrando nel mare aperto della riflessione che la teologia può sperare di tornare a incidere sulla vita concreta: solo se ha il coraggio di entrare nel laboratorio sperimentale della ricerca sulla vita.”

 

“La vita autentica”, 

Vito Mancuso

Raffaello Cortina Editore

Lettere per la Quaresima

(Quaranta giorni prima di Pasqua)

don Maurizio - Parroco

Carissime/i,

ho deciso di scrivere queste Lettere per la Quaresima come aiuto per poterla vivere in modo più personale ed intenso questo tempo che ci prepara alla Pasqua, riflettendo sulla parola del Vangelo.

Inizio partendo dal testo del vangelo secondo Matteo proclamato nella Liturgia di inizio Quaresima, il mercoledì detto delle ceneri. E’ un racconto composto da tre insegnamenti di Gesù legati fra loro da tre parole molto importanti dell’esperienza cristiana: ELEMOSINA, PREGHIERA, DIGIUNO.

 

 

Il tema di questa terza lettera è "Io apro le vostre tombe, vi faccio risalire dalle vostre tombe, popolo mio, e vi conduco nella terra d’Israele".

 

 

Vi invito a non pensare subito ai nostri cimiteri. E vi invito a non sorridere alle parole di Ezechiele perché, pur usando un linguaggio simbolico e di fede, è molto aderente alla realtà di ogni tempo. Alla nostra realtà di oggi. Vi invito a domandarvi se ci sono o no persone o popoli che pur vivendo sono come dei sepolcri che contengono morte. Ezechiele, infatti, non parla di morti e di tombe reali, ma attraverso questa immagine egli vuole presentare la situazione del suo popolo deportato in schiavitù a Babilonia dove vive in una reale condizione di disperazione, di sfiducia, di mancanza di prospettive per il futuro proprio come fossero tutti già morti e sepolti. E dentro questa situazione Ezechiele offre una prospettiva per il futuro, un speranza di riscatto e di liberazione che chiama resurrezione. Mi vengono in mente popoli interi che oggi vivono situazioni simili: Siria, Iraq, Afganistan, Congo, Somalia, Eritrea e tanti altri. Situazioni di vita, morte, dolore, speranza, resurrezione, liberazione, dignità. 

 

Continua la lettura della Lettera del parroco, don Maurizio.

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IO APRO LE VOSTRE TOMBE - Lettere di Quaresima 2023
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QUARANTA - Lettere di Quaresima 2023
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DIGIUNO - Lettere di Quaresima 2023
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PREGHIERA - Lettere di Quaresima 2023
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ELEMOSINA - Lettere di Quaresima 2023
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COMPRENDERE LE PAROLE

Usare il modo intelligente il linguaggio

 

Comprendere il significato e il valore delle parole ci aiuta a superare un poco l’analfabetismo dilagante a livello sociale, politico, religioso, etico, spirituale.

Le mie riflessioni esprimono solo la mia visione del mondo, cioè della vita, dell’essere umano, della natura/creato, delle relazioni, dei valori. E’ una visione che ha come riferimento fondamentale il messaggio evangelico e l’insegnamento sociale della Chiesa. Sono riflessioni e considerazioni personali di cui mi assumo la responsabilità e che non pretendo siano condivise da tutti. Tengo però a precisare che esse scaturiscono anche dall’ascolto, dal dialogo, dal confronto con centinaia di persone che hanno condiviso con me preoccupazioni, paure, disagi ed ansie in riferimento a quanto accade nel territorio circa i vigneti e, soprattutto, l’uso di fitofarmaci di sintesi e i comportamenti di alcuni o molti viticoltori.

Faccio parte di quella categoria di persone che, sebbene ritenuta in via di “estinzione” reale o apparente, di fatto presiede il territorio, ha la responsabilità pastorale delle comunità che nel territorio vivono, lavorano, gioiscono e soffrono, hanno relazioni con migliaia di persone. Questo mi permette di dire non solo quello che penso ma anche quello che ascolto e che vedo nel volto di chi mi parla. Sono allenato a dire quello che penso e a pensare quello che dico anche se non aggrada a qualcuno o a molti.

Oggi 22 agosto, mi soffermo su una parola di moda: ECOLOGIA. Essa deriva da due parole greche oikos, "casa", “luogo”, "ambiente"; e logos, "discorso", "studio".

 

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"ABITA LA TERRA E VIVI

CON FEDELTA' "

 

Nell’anno pastorale 2011-12 la diocesi di Vittorio Veneto ha vissuto e celebrato un Convegno Ecclesiale sul tema: “Abita la terra e vivi con fedeltà” (Salmo 37).

Oggi, noi preti del territorio della Vallata UP dell’Abazia, ci rivolgiamo alle comunità dicendo: “Abitiamo questo territorio da persone responsabili verso questa terra meravigliosa e verso le comunità che la abitano”.

Abitare questo territorio consapevoli che esso è un bene comune e, per chi crede, è dono che appartiene a Dio, affidato alla nostra custodia e cura per il sostentamento e la gioia di tutti. Abitare questo territorio fedeli e rispettosi dei valori che ci permettono di abitarlo e viverlo come esseri umani, parte integrante di esso, e non da predatori o padroni o amministratori indifferenti alla terra e alle persone.

Noi non abitiamo semplicemente un territorio ma siamo anche noi territorio. Esso, infatti, ha forgiato e dato forma e carattere alle comunità e alle persone; ha segnato e segna la mentalità e la cultura, le tradizioni sociali e religiose, il senso del vicinato, del buon vicinato, anche se oggi questi aspetti sono indifferenti a tante persone. Il carattere dei nostri “veci” è stato forgiato dal territorio, da una terra verso la quale essi nutrivano un rispetto e un amore quasi sacrale, anche quando la terra era avara. Mai, però, tanto avara come tanti suoi “padroni”.

 

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Lettera aperta dei parroci e diaconi della Unità Pastorale "Vallata" alle Comunità
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"NESSUNO SI SALVA 

DA SOLO"

 

 

"La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità.

 

La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte alle avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.

 

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.

 

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.

 

 

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai."

Papa Francesco - 27 marzo 2020


Immacolata concezione di Maria

 

Ricolma della grazia di Dio per essere la madre del Signore 

 

don Maurizio Dassie

 

 Nella nostra vita siamo spesso coinvolti nel male e produciamo peccato. Ogni bambino che nasce, nasce in un mondo che è segnato dal male, soprattutto il male etico, quello che scaturisce dalle scelte, dalla volontà e dalla responsabilità di singole persone,

di gruppi o di interi popoli.

 

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... due opinioni a confronto

 

Roncalli e Wojtyla santi:

un enorme ossimoro

 

don Paolo Farinella

MicroMega, 27 aprile 2014

 

«Santo subito», gridava lo striscione a caratteri cubitali al quadrato che emergeva sulle teste della folla, il giorno del funerale di papa Giovanni Paolo II, il 5 aprile del 2005. «È morto un santo» disse la folla di credenti, non credenti e agnostici che gremivano piazza san Pietro il 3 giugno del 1963 alla morte di papa Giovanni XXIII. La differenza tra i due sta tutta qua: il polacco deve essere dichiarato «santo», il bergamasco lo è sempre stato senza bisogno di dimostrarlo.

 

Comastri: "La canonizzazione di Wojtyla un dono necessario"

Giacomo Galeazzi

Città del Vaticano

LASTAMPA, 02 maggio 2014

 

In piazza San Pietro gremita di fedeli il Vicario del Papa celebra la Messa di ringraziamento per la proclamazione del Pontefice polacco, che "benedice dall'alto l'Italia"

Sono tornati in piazza San Pietro per ringraziare dei nuovi Papi Santi. Oltre 80mila fedeli hanno partecipato questa mattina alla messa per la canonizzazione di San Giovanni Paolo II presieduta in piazza San Pietro dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica vaticana e vicario del Papa per la Città del Vaticano.

 

Tra i concelebranti anche il cardinale Stanislao Dziwisz, storico segretario di Karol Wojtyla e oggi suo successore nella sede di Cracovia. Dunque prosegue in Vaticano il pacifico assedio di decine di migliaia di persone giunte per la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.

 

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due opinioni a confronto-santificazione
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Papa Francesco e

il primato della coscienza


Vito Mancuso

Repubblica, 17 ottobre 2013

 

Il primato della coscienza è un concetto peculiare del cattolicesimo che papa Francesco non ha fatto altro che ripresentare: il fatto che suoni tanto nuovo dovrebbe portare a seri interrogativi sulla qualità di un certo cattolicesimo di corte predominante negli ultimi decenni. 


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Papa Francesco e il primato della coscie
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Siamo tutti schiavi

del più grande tabù


padre Alberto Maggi - REPUBBLICA


 

MONTEFANO - Alberto Maggi ha visto la morte da vicino. Ma poiché, oltre che frate, raffinato teologo e religioso spesso accusato di "eresia", è un uomo spiritoso, il titolo del libro che dà conto di quell'esperienza, uscito da poco per Garzanti, suona: Chi non muore si rivede. 

 

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Siamo tutti schiavi di un grande tabù -
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Siamo tutti schiavi di un grande tabù -
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Papa Francesco scrive a Repubblica: "Dialogo aperto con i non credenti"

Il Pontefice risponde alle domande che gli aveva posto Scalfari su fede e laicità.

PREGIATISSIMO Dottor Scalfari, è con viva cordialità che, sia pure solo a grandi linee, vorrei cercare con questa mia di rispondere alla lettera che, dalle pagine di Repubblica, mi ha voluto indirizzare il 7 luglio con una serie di sue personali riflessioni, che poi ha arricchito sulle pagine dello stesso quotidiano il 7 agosto. La ringrazio, innanzi tutto, per l'attenzione con cui ha voluto leggere l'Enciclica Lumen fidei. Essa, infatti, nell'intenzione del mio amato Predecessore, Benedetto XVI, che l'ha concepita e in larga misura redatta, e dal quale, con gratitudine, l'ho ereditata, è diretta non solo a confermare nella fede in Gesù Cristo coloro che in essa già si riconoscono, ma anche a suscitare un dialogo sincero e rigoroso con chi, come Lei, si definisce "un non credente da molti anni interessato e affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazareth". Mi pare dunque sia senz'altro positivo, non solo per noi singolarmente ma anche per la società in cui viviamo, soffermarci a dialogare su di una realtà così importante come la fede, che si richiama alla predicazione e alla figura di Gesù.

 

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Lettera di Papa Francesco a Repubblica.p
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Vito Mancuso: don Andrea Gallo,

il prete dei dimenticati


"Se ne è andato un vero uomo, la schiena dritta,

la coscienza limpida, le mani aperte per aiuti materiali e carezze"

Vito Mancuso


di Vito Mancuso,

                                                                             da Repubblica, 23 maggio 2013

Don Andrea Gallo vivrà nell'immaginario degli italiani con il suo sigaro, il cappello nero e l'immancabile colletto da prete, i segni più caratteristici della doppia appartenenza che ha contraddistinto la sua lunga e felice vita: l'appartenenza al mondo e alla chiesa, alla terra e al cielo. Termini tutti ugualmente importanti per uno che vi ha dedicato la vita.


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Cogliendo l'invito di un parrocchiano, proponiamo questa interessante riflessione sull'elezione di Papa Francesco. L'editorialista de la Repubblica, scrittore, saggista e docente di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, e il prete da marciapiede, da decenni impegnato nel lavoro con gli ultimi, i diseredati, gli emarginati, organizzatore e animatore della Comunità di base di San Benedetto al Porto (Genova), commentano, a caldo, l'elezione del Cardinale Jorge Mario Bergoglio a 266° Vescovo di Roma e Papa della Chiesa cattolica.

 

"Non dobbiamo avere timore

della bontà e della tenerezza"

Papa Francesco

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"18 Principi di vita"

tratto dal libro “Felicità, Un Anno di Pensieri Positivi” Dalai Lama


Il Dalai Lama nel suo libro "Felicità, Un Anno di Pensieri Positivi" propone alcuni suggerimenti e consigli, adatti a tutti quelli che sono alla ricerca della felicità o che vogliono migliorare loro stessi, a quelli che non vogliono sprecare la propria vita o a quelli che si riconoscono in questa risposta rilasciata dal Dalai Lama in un intervista:

 

Dalai Lama: “Qual è la cosa che La  sorprende di più dell’umanità?” 

Egli ha risposto: “Gli uomini, perché perdono la salute per guadagnare soldi, poi spendono i soldi per riavere la salute. E per pensare con ansia  al futuro si scordano del presente, quindi finiscono per non vivere né  il presente né il futuro. E vivono come se non dovessero mai morire… e muoiono come se non avessero mai vissuto…”

 

18 principi di vita:

1) Tieni sempre conto del fatto che un grande amore e dei grandi risultati comportano un grande rischio.

 

2) Quando perdi, non perdere la lezione.

 

3) Segui sempre le 3 “R”: Rispetto per te stesso, Rispetto per gli altri, Responsabilità per le tue azioni.

 

4) Ricorda che non ottenere quel che si vuole può essere talvolta un meraviglioso colpo di fortuna.

 

5) Impara le regole, affinché tu possa infrangerle in modo appropriato.

 

6) Non permettere che una piccola disputa danneggi una grande amicizia.

 

7) Quando ti accorgi di aver commesso un errore, fai immediatamente qualcosa per correggerlo.

 

8 ) Trascorri un po’ di tempo da solo ogni giorno.

 

9) Apri le braccia al cambiamento, ma non lasciar andare i tuoi valori.

 

10) Ricorda che talvolta il silenzio è la migliore risposta.

 

11) Vivi una buona, onorevole vita, di modo che, quando ci ripenserai da vecchio, potrai godertela una seconda volta.

 

12) Un’atmosfera amorevole nella tua casa dev’essere il fondamento della tua vita.

 

13) Quando ti trovi in disaccordo con le persone a te care, affronta soltanto il problema attuale, senza tirare in ballo il passato.

 

14) Condividi la tua conoscenza. E’ un modo di raggiungere l’immortalità.

 

15) Sii gentile con la Terra.

 

16) Almeno una volta l’anno, vai in un posto dove non sei mai stato prima.

 

17) Ricorda che il miglior rapporto è quello in cui ci si ama di più di quanto si abbia bisogno l’uno dell’altro.

 

18) Giudica il tuo successo in relazione a ciò a cui hai dovuto rinunciare per ottenerlo.

 

Questi sono principi intesi come guida, esortazioni, punti da tenere presenti, ma che non devono mai condizionare; la vita viene sempre prima e a partire da lei bisogna agire. Principi fermi ma non immobili, dunque.

 


"La pari dignità dei figli di Dio"

Prima apertura della Chiesa

ai "Diritti delle coppie gay"

 

In carica dalla fine di giugno, il nuovo presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia è laureato, oltre che in teologia efilosofia, anche in pedagogia, e si vede. Nella sua prima conferenza stampa da responsabile vaticano per la famiglia monsignor Vincenzo Paglia ha infatti pronunciato parole che, in Vaticano, sull’argomento spinosissimo dei diritti civili delle coppie gay, io non ricordo siano mai state pronunciate. 

Naturalmente, nelle sue parole al primo posto non poteva non esserci la difesa del primato della famiglia tradizionale, come è giusto che sia nell’impostazione cattolica e non solo cattolica, visto che il primato della famiglia tradizionale è un’impostazione condivisa da tutte le grandi tradizioni spirituali dell’umanità, sia religiose sia filosofiche, che non hanno mai conosciuto un matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Ma non può non sorprendere il fatto che monsignor Paglia abbia parlato di un necessario riconoscimento dei diritti civili delle coppie di fatto, includendo esplicitamente tra queste, oltre alle coppie eterosessuali, anche quelle omosessuali. «I diritti individuali vanno garantiti », ha detto, aggiungendo che vanno trovate «soluzioni di diritto privato», «all’interno del codice di diritto privato», per tenere conto anche degli aspetti «patrimoniali». È la prima volta che un ministro vaticano riconosce esplicitamente e pubblicamente l’esistenza delle coppie omosessuali rendendole soggetto di diritti? A me pare di sì, e non posso non salutare questa affermazione come un significativo passo in avanti. Ricordo infatti che la Santa Sede si è espressa sempre in modo contrario rispetto alla tutela delle coppie omosessuali anche a livello di diritto privato: in Italia tutti ricordano la ferma opposizione contro il progetto del governo Prodi a proposito dei cosiddetti “dico”, mentre nel 2008 l’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, monsignor Celestino Migliore, si espresse contro un progetto della Francia che chiedeva la depenalizzazione universale dell’omosessualità, contrarietà ribadita nel 2011 dall’osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio dell’Onu a Ginevra monsignor Silvano Tomasi. Ieri invece, in Vaticano, monsignor Paglia ha dichiarato che «un conto è il tema del matrimonio gay, sul quale è nota la nostra posizione, un altro sono le discriminazioni. Nel mondo ci sono forse 25 Paesi dove l’omosessualità è reato. Mi augurerei che come Chiesa combatteremo tutto questo».

Una sterzata abbastanza netta rispetto all’intransigenza esibita finora, anche in considerazione del fatto che alla fine del 2012 papa Benedetto XVI in un’udienza pubblica aveva ricevuto una politica ugandese di nome Rebecca Kadaga, promotrice di azioni legislative particolarmente dure contro la convivenza degli omosessuali. Monsignor Paglia ha detto invece che occorre riaffermare «la pari dignità di tutti i figli di Dio, tutti in questo senso sono santi, perché hanno il sigillo di Dio, nessuno non ce l’ha; e dunque tutti sono intoccabili », parole che hanno fatto risentire un po’ di profumo evangelico nelle sale del potere vaticano.
Il cardinal Martini aveva espresso una posizione analoga. Dopo aver sottolineato che «Dio ci ha creati uomo e donna, e perciò la dottrina morale tradizionale conserva delle buone ragioni» di modo che «la coppia omosessuale in quanto tale non potrà mai essere equiparata in tutto al matrimonio», aveva aggiunto: «Sono pronto ad ammettere il valore di un’amicizia duratura e fedele tra due persone dello stesso sesso », quindi «non è male che due persone abbiano una certa stabilità e in questo lo Stato potrebbe anche favorirli; non condivido la posizione di chi, nella Chiesa, se la prende con le unioni civili». Fino a ieri la posizione di chi se la prende con le unioni civili era ampiamente maggioritaria nella Chiesa cattolica. Dopo le aperture del nuovo Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia le cose sono cambiate?


Vito Mancuso

la Repubblica, 5 febbraio 2013


Il rapporto tra l'uomo e Dio oggi

 

Clicca il video sottoriportato; si consiglia l'ascolto ad orecchi aperti ed occhi chiusi;

buon ascolto!

Nel Prologo di “Io e Dio” Mancuso si pone al di sopra del pianeta e da questa postura, che gli permette una nudità “di fronte al mistero dell’essere”, può guardare con affetto i suoi simili “alle prese col mistero dell’esistenza”. Un’umanità, varia, diversa, mai uguale, che si chiede “se c’è un senso unitario” in questo teatro in cui siamo capitati, senza sapere perchè, a rappresentare la nostra parte, e quale questa sia. Ma la domanda cruciale Mancuso se la pone al cospetto dei morti, i suoi morti, “di fronte ai quali non si può mentire”. A loro chiede “se è un bene o un male che essi ci siano stati, che siano vissuti, che siano apparsi in questo mondo” e ancora che cos’è vero, alla fine, “di questa vita che se ne va, nessuno sa dove?”.

“Rispondere a questa domanda” per Mancuso è “parlare di Dio” considerato come “fondamento e direzione dell’essere, principio e porto di tutte le cose”.

Subito però appare il vero problema perchè oggi è difficile non solo il parlare, ma anche pensare Dio, in quanto lo si vuole fare “contro o a prescindere dal mondo”, oppure come “illusione di un mondo separato, del tutto diverso dal mondo reale”. Due prospettive sbagliate. Ecco perchè Mancuso avverte il bisogno di “una distruzione dell’idolo metafisico e imperiale che scambiamo per Dio”.

 

“Tenere insieme un responsabile pensiero di Dio e un retto pensiero del mondo oggi non risulta quasi più possibile: e quindi c’è chi sceglie Dio per disprezzo o più spesso per paura del mondo, e c’è chi sceglie il mondo per disprezzo o più spesso per noia di Dio; alcuni invece non scelgono né l’uno né l’altro, perchè forse ormai privi di quest’esigenza radicale dell’anima che qualcuno chiama “fame e sete di giustizia”.   

 

Questa difficoltà per Mancuso nasce dal fatto che oggi c’è una netta scissione tra Dio e il mondo (tra il “sapere di Dio o del divino in quanto senso complessivo del vivere e gerarchia dei valori e sapere del mondo, in quanto concreta esperienza della natura e della storia”), né la religione è più intesa come coniugazione del senso ultimo delle cose con l’esperienza concreta della vita.  Di qui la morte delle utopie e degli ideali, la scomparsa della speranza e dell’immaginazione, una sfiducia di fondo dell’umanità, addirittura il desiderio di evasione dall’umanità, il cosiddetto post-humanism, che porterebbe alla morte della libertà.

Invece Mancuso vuole fare della libertà il perno della sua teologia, quindi del mondo e dell’umanità, non di Dio. Egli non vuole partire da Dio, ma dall’uomo e dalla sua libertà, difendendola dagli attacchi sia dell’”autoritarismo religioso” sia dello "scientismo negatore del libero arbitrio". Difesa, dunque, della libertà dell’uomo a tutto campo, dell’essere umano con la sua ineguagliabile ricchezza che è l’unica che gli permette di essere libero.

Ecco che si profila una seconda fondazione, dopo quella della fede operata in un’altra opera mancusiana, una “rifondazione del pensiero di Dio”, un Dio nuovo, inteso come “verità della vita e del mondo”, ma una fondazione che segue una strada diversa da quella dominante e cioè intende “parlare di Dio a partire dall’Io”.

Per fare ciò Mancuso esce all’aria aperta, indicando con questa bellissima immagine, la libertà di pensiero, un pensiero che “si forma camminando”, capace di distruggere gli idoli.

Appare subito chiaro allora che questa opera è “un’opera di teologia fondamentale” nel senso che l’autore “intende riflettere sul fondamento del discorso umano su Dio”, con una connotazione ecologica cioè di fare pulizia, usando una parte destruens di tutte le incrostazioni formatesi nelle camere chiuse del potere ecclesiastico con la polvere e i fumi del passato e dando la precedenza alla parte soggettiva-personale della fede.

 

Mimma De Maio

www.mimmademaio.com

 

Rif: Vito Mancuso  “Io e Dio”  Garzanti

 


Giovedì 3 gennaio Rai4 ha proposto in prima visione "Agora", un film del 2009 diretto dal regista spagnolo Alejandro Amenabar. Il film ricostruisce la tragica biografia di Ipazia, filosofa alessandrina del IV secolo d.C., passata alla storia per aver messo in discussione il sistema tolemaico in favore di una visione eliocentrica. Osteggiata dalle istituzioni cristiane per le sue teorie, Ipazia attaccò le convinzioni scientifiche del tempo in nome dell'indipendenza di pensiero e giudizio,

pagando con la vita la propria ricerca. 

 

Prefazione di Margherita Hack a

"Ipazia. Vita e sogni di una scienziata del IV secolo"

[LA LEPRE EDIZIONI]

di Adriana Pettra e Antonio Colavito

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Prefazione di Margherita Hack a

"Ipazia. Vita e sogni di una scienziata del IV secolo"

 

In questo romanzo storico si ricostruisce l’ambiente e l’epoca in cui ha vissuto la prima donna scienziata la cui vita ed opere ci sono state tramandate da numerose testimonianze. Gli autori hanno fatto ricorso a una ricchissima bibliografia, che permette di far emergere dalla lontananza di 16 secoli questa figura di giovane donna in tutti i suoi aspetti umani, privati e pubblici, la sua vita quotidiana, i suoi dialoghi con la gente comune, con i suoi allievi, con gli scienziati.
Ipazia era nata ad Alessandria d’Egitto intorno al 370 d.C., figlia del matematico Teone. Fu barbaramente assassinata nel marzo del 415, vittima del fondamentalismo religioso che vedeva in lei una nemica del cristianesimo, forse per la sua amicizia con il prefetto romano Oreste che era nemico politico di Cirillo, vescovo di Alessandria.
Malgrado l’amicizia con Sinesio, vescovo di Tolemaide, che seguiva le sue lezioni, i fondamentalisti temevano che la sua filosofia neoplatonica e la sua libertà di pensiero avessero un’influenza pagana sulla comunità cristiana di Alessandria.
L’assassinio di Ipazia è stato un altro atroce episodio di quel ripudio della cultura e della scienza che aveva causato molto o prima della sua nascita, nel III secolo dopo Cristo, la distruzione della straordinaria biblioteca alessandrina, che si dice contenesse qualcosa come 500.000 volumi, bruciata dai soldati romani e poi, successivamente, il saccheggio della biblioteca di Serapide. Dei suoi scritti non è rimasto niente; invece sono rimaste le lettere di Sinesio che la consultava a proposito della costruzione di un astrolabio e un idroscopio.
Dopo la sua morte molti dei suoi studenti lasciarono Alessandria e cominciò il declino di quella città divenuta un famoso centro della cultura antica, di cui era simbolo la grandiosa biblioteca. Il ritratto che ci è stato tramandato è di persona di rara modestia e bellezza, grande eloquenza, capo riconosciuto della scuola neoplatonica alessandrina.
Ipazia rappresenta il simbolo dell’amore per la verità, per la ragione, per la scienza che aveva fatta grande la civiltà ellenica. Con il suo sacrificio comincia quel lungo periodo oscuro in cui il fondamentalismo religioso tenta di soffocare la ragione. Tanti altri martiri sono stati orrendamente torturati e uccisi. Il 17 febbraio 1600 Giordano Bruno fu mandato al rogo per eresia, lui che scriveva: «Esistono innumerevoli soli; innumerevoli terre ruotano attorno a questi, similmente a come i sette pianeti ruotano attorno al nostro Sole. Questi mondi sono abitati da esseri viventi». Galileo, convinto sostenitore della teoria copernicana, indirettamente provata dalla sua scoperta dei quattro maggiori satelliti di Giove, fu costretto ad abiurare.
Il fondamentalismo non è morto. Ancora oggi si uccide e ci si fa uccidere in nome della religione. Anche nei nostri civili e materialistici paesi industrializzati avvengono assurde manifestazioni di oscurantismo, come in alcuni stati della civilissima America in cui si proibisce di insegnare nelle scuole la teoria dell’evoluzione di Darwin e si impone l’insegnamento del creazionismo. Su questa strada di ritorno al Medioevo si è messa anche una ministra dell’istruzione (o dovremmo dire della distruzione?) tentando di cancellare la teoria darwiniana dalle scuole elementari e medie. Perché? Per ignoranza? Per accontentare una Chiesa cattolica che non mi sembra ingaggi più queste battaglie perse in partenza.
Questa storia rornanzata ma vera di Ipazia ci insegna ancora oggi quale e quanto pervicace possa essere l’odio per la ragione, il disprezzo per la scienza. È una lezione da non dimenticare, è un libro che tutti dovrebbero leggere.



Georg Sporschill SJ, Federica Radice Fossari Confalonieri 1 settembre 2012

[www.corriere.it]

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"Chiesa indietro di 200 anni"

 

L'ultima intervista: «Perché non si scuote, perché abbiamo paura?»

 

Padre Georg Sporschill, il confratello gesuita che lo intervistò in Conversazioni notturne a Gerusalemme , e Federica Radice hanno incontrato Martini l'8 agosto: «Una sorta di testamento spirituale. Il cardinale Martini ha letto e approvato il testo».

 

Come vede lei la situazione della Chiesa? 
«La Chiesa è stanca, nell'Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l'apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi? (...) Il benessere pesa. Noi ci troviamo lì come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo. Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilità. Quanto meno però potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero e i martiri gesuiti di El Salvador. Dove sono da noi gli eroi a cui ispirarci? Per nessuna ragione dobbiamo limitarli con i vincoli dell'istituzione».

 

Chi può aiutare la Chiesa oggi? 
«Padre Karl Rahner usava volentieri l'immagine della brace che si nasconde sotto la cenere. Io vede nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell'amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace. Dove sono le singole persone piene di generosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala? Io consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici persone fuori dalle righe per i posti direzionali. Uomini che siano vicini ai più poveri e che siano circondati da giovani e che sperimentino cose nuove. Abbiamo bisogno del confronto con uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque».

 

Che strumenti consiglia contro la stanchezza della Chiesa?
«Ne consiglio tre molto forti. Il primo è la conversione: la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi. Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione. Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio. Questi sono importanti per ognuno e a volte forse sono anche troppo importanti. Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale. La Chiesa è ancora in questo campo un'autorità di riferimento o solo una caricatura nei media? Il secondo la Parola di Dio. Il Concilio Vaticano II ha restituito la Bibbia ai cattolici. (...) Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della Chiesa e sapranno rispondere alle domande personali con una giusta scelta. La Parola di Dio è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti (...). Né il clero né il Diritto ecclesiale possono sostituirsi all'interiorità dell'uomo. Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti. Per chi sono i sacramenti? Questi sono il terzo strumento di guarigione. I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che necessitano una nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale. La Chiesa sostiene l'indissolubilità del matrimonio. È una grazia quando un matrimonio e una famiglia riescono (...). L'atteggiamento che teniamo verso le famiglie allargate determinerà l'avvicinamento alla Chiesa della generazione dei figli. Una donna è stata abbandonata dal marito e trova un nuovo compagno che si occupa di lei e dei suoi tre figli. Il secondo amore riesce. Se questa famiglia viene discriminata, viene tagliata fuori non solo la madre ma anche i suoi figli. Se i genitori si sentono esterni alla Chiesa o non ne sentono il sostegno, la Chiesa perderà la generazione futura. Prima della Comunione noi preghiamo: "Signore non sono degno..." Noi sappiamo di non essere degni (...). L'amore è grazia. L'amore è un dono. La domanda se i divorziati possano fare la Comunione dovrebbe essere capovolta. Come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse?»

 

Lei cosa fa personalmente? 
«La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall'aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l'amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa. Solo l'amore vince la stanchezza. Dio è Amore. Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?».

 


La verità-ragione nella "sfera politica"

 

Vi offriamo alcuni brevi spunti di riflessione tratti dal saggio " 'Scambiarsi la veste' Stato e Chiesa al governo dell'uomo" di Gustavo Zagrebelsky; egli, con estrema linearità, percorre le tre fasi del rapporto tra Stato e Chiesa: dalla supremazia della religione alla secolarizzazione, al post-secolarismo.

 

I "non possumus" sono [invece] espressione del fatto che, per la Chiesa, c'è, per così dire, una riserva unilaterale di principi impermeabili al confronto pubblico, che tuttavia aspirano a diventare cogenti per tutti. In breve, tra ragione pubblica e "non possumus" c'è incompatibilità.

 

La Chiesa che al tempo  stesso si presenta come dialogante e poi, quando non prevale con gli argomenti del dialogo, agita i suoi veti, agisce con doppiezza, una doppiezza che è determinata dal suo legame con la verità. Essa può presumere, in prima e astratta istanza, che la sua verità di fede sia argomentabile anche con i mezzi della ragione comune a tutti gli esseri umani.

Infatti, se tutto viene da Dio, la fede come la ragione, non si può ammettere che Dio si sia contraddetto. Questa è dottrina ricevuta.

 

Ma se, in seconda istanza, accade che la sua argomentazione razionale soccombe di fronte ad altre e divergenti argomentazioni, potrà rinunciare alla sua verità e accettare una ragione che, distaccandosene, è per definizione erronea? Evidentemente no. Il potenziale conflitto è tutto qui.


["'Scambiarsi la veste' Stato e Chiesa al governo dell'uomo" 

di Gustavo Zagrebelsky, LATERZA, 2010]



Vito Mancuso, La Repubblica 5 luglio 2012 

 [www.vitomancuso.it]

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La scienza e la sapienza

 

 A quanto pare Stephen Hawking ha perso la partita con Peter Higgs, visto che aveva scommesso sulla non esistenza della particella subatomica oggi mondialmente nota come “bosone di Higgs”. Ma il richiamarlo ora ha un altro motivo, cioè il fatto che il suo libro più noto, Dal Big Bang ai buchi neri (1988) si conclude così: “Se riusciremo a trovare la risposta a questa domanda decreteremo il trionfo definitivo della ragione umana: giacché allora conosceremmo la mente di Dio”. Hawking ha affermato che è stata questa frase finale a fare del suo libro un bestseller mondiale, e non a caso la medesima trovata è presente in molti altri libri di divulgazione scientifica, tra cui Paul Davies, La mente di Dio (1992); Riccardo Chiaberge, La variabile Dio (2008); Margherita Hack Il mio infinito. Dio, la vita e l’universo (2011); Edoardo Boncinelli, La scienza non ha bisogno di Dio (2012). La logica che ha condotto a denominare il bosone di Higgs “particella di Dio” è la medesima che muove l’industria editoriale.

Ma perché la connessione tra religione e argomenti scientifici risulta così efficace? Per due motivi a mio avviso…

 

  mmmIl primo è la capacità pressoché immediata del termine “Dio” di far comprendere l’importanza della posta in gioco quando si tratta degli ambiti fondamentali della scienza come l’origine dell’universo, della materia e di quella particolare materia dotata di movimento e di intelligenza che è la vita. Parlando della particella responsabile della massa, o dell’unificazione delle quattro forze fondamentali, o dell’unificazione tra relatività e meccanica quantistica perseguita dalla teoria delle stringhe, si toccano territori primordiali, di rilievo non solo fisico ma anche filosofico per l’importanza sul senso complessivo del nostro essere qui. E il termine Dio con solo tre lettere ha questa capacità evocativa. Era esattamente per questo che, volendo far comprendere la razionalità ordinata dell’universo, Einstein ripeteva: “Dio non gioca a dadi”. 

 

  mmmIl secondo motivo è il bisogno primordiale della nostra mente di conciliare scienza e sapienza. Noi avvertiamo infatti l’esigenza non solo di conoscere dati e ricevere informazioni, ma anche di valutare il loro significato per l’esistenza e per i criteri con cui pensiamo la giustizia, la bellezza, il bene e il male. Le civiltà del passato erano in grado di conciliare scienza e sapienza, si pensi al titolo posto da Newton al suo capolavoro, Elementi matematici di filosofia naturale, che indica il fatto che per Newton essere scienziato ed essere filosofo (ed essere biblista vista la sua passione per la Sacra Scrittura) erano la medesima cosa. Oggi però tale conciliazione è infranta e risultato è l’attuale separazione tra discipline scientifiche e umanistiche, simbolo di una più complessa lacerazione interiore. Per questo, quando si prefigura la possibilità di ritornare all’antica visione unitaria, la mente umana si fa attenta e partecipe, si tratti di un’invisibile particella subatomica o di libri ben in vista in vetrina.

 


Don Gallo: "Vaticano, macchina di potere che ha perso la bussola"


"In Vaticano purtroppo non sta succedendo niente di nuovo. Conferma che il Vaticano oggi è una macchina di potere che ha perso la bussola, cioé il Vangelo": don Andrea Gallo ha commentato a Genova l'ultimo scandalo nello Stato Pontificio,

con l'arresto del maggiordomo del Papa.

 


"Questa piramide non regge più"  ha detto ancora don Gallo  "Lo dimostrano i fatti. Bisogna tornare a Giovanni XXIII e al Concilio Vaticano II. Lui diceva della Chiesa:

'semper gloriosa, sempre penitens, semper reformanda'. Era il 1965".

 


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" La teologia della libertà. Perché la fede deve dialogare con il pensiero eretico "
di Roberto Esposito in “la Repubblica” del 30 marzo 2012
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La Chiesa? "Poco misericordiosa e coraggiosa"
tratto da affaritaliani.libero.it
Chiesa. Poco misericordiosa e coraggiosa
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" Giuseppe Toniolo: un economista anche per l'oggi! "
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Intervista a Piergiorgio Odifreddi
'Che bello, non c'è più Dio'.pdf
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Intervista a Vito Mancuso
'Il mio Dio si chiama libertà'.pdf
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Dobbiamo costruire il futuro
In ricordo della Shoa manifestazioni ed iniziative religiose e culturali che accomunano, in un implicito “mai più”, ebrei, cristiani e mondo laico. Intervista al rabbino capo di Firenze Joseph Levi
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Intervista a Dacia Maraini
"Riflessioni sul senso della Vita"
tratta da www.riflessioni.it/senso-della-vita
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